sabato 11 gennaio 2020

Ansietudinia

Toh, una sensazione.
Che persiste tra l'altro.
È nuova o dimenticata, ma punge come fossero interi campi di orzo che mi si agitano nello stomaco e si aggrappano con le loro radici alla terra di cui sono fatta dentro e fuori.
È qualcosa di più doloroso dell'ansia e di più frivolo dell'inquietudine che si appoggia su uno spesso strato di frenesia.
Mi sono sempre creduta più brava di te nel dare i nomi alle cose, perciò capirai il mio sgomento quando ho realizzato di averti conosciuto solo ieri. Sei nuovo o sei anche tu dimenticato?
Ti riconoscerò ancora domani e l'indomani del domani finché SBADABAM non ci separi?
A star qui dove sono ora ci si sente piccoli come un chicco di quell'orzo che ti sbatacchia dentro e il pensiero di come possano campi e campi di orzo agitarsi nella pancia di un unico chicco non ha nemmeno lo spazio per germogliare.
La colpa non è tua, ma la causa sì e nemmeno se lo sapessi potresti farci qualcosa.
È tessera di domino che si appoggia a tessera di domino e colora il suo percorso a forma di frattali di Mandelbrot.
Nulla è affidabile in questo momento e soprattutto nulla è reale, ma io avrei così tante parole da mettere una accanto all'altra da colmare il divario tra te e te che finiresti inspiegabilmente per diventare me. Ma a quel punto io dove andrei a finire?
Quanto spazio occupi e di che profumo sei? Ma soprattutto, in quale voce abiti?
Anche se sono piccola in questo momento ascoltami: se non vuoi essere inseguito non metterti a correre. Se non vuoi essere cercato non nasconderti. E non sto parlando di me. Io non inseguo e non scavo. Io busso, ringrazio e fingo di dimenticarmi di abbracciare solo perché non so più come si fa.
Non resta che aspettare e respirare nella certezza che questo vento passerà presto, così come è venuto.
Per intanto rimango a titillare l'idea che in un universo parallelo possa succedere, sia già successo, stia ancora succedendo.




mercoledì 8 gennaio 2020

Sfizio

Probabilmente sto ignorando qualsiasi evidenza, ingigantendo casualità, vedendo oltre la logica e soprattutto, mi sto illudendo, ma ho comunque voglia di ringraziarti.

E me la tolgo.

Grazie.

Saranno piccole cose, dettagli, ma permetti che me li assapori fino all'ultimo sospiro?

Immagino di non essere chi ti aspettavi che fossi (anche nel caso in cui non avessi avuto alcuna aspettativa), però c'è da dire che nemmeno io ti aspettavo.
Mi sei piombato tra capo e collo talmente all'improvviso che non ho avuto tempo per ignorarti.
Non sono brava a ignorare le emozioni. Ho passato troppo tempo a non ricordare più cosa fossero, e anche oggi non è che riesca ad afferrarle tutte.
Perciò, quando se ne presenta una, ci faccio caso.
Di tutte quelle che potevano bussare tre volte un giorno alla mia porta, tu sei decisamente la più assurda. Non avevo mai capito la frase "gli opposti si attraggono" fino ad ora.
Tu chi sei, mi avevi sussurrato quel giorno senza chiederlo.
Io sono tutto ciò che non sei tu. Sono vaniglia e fetta di pane, contenuto e parole, verità e libertà, porta aperta e pudore. Sono acqua limpida e bei sogni, speranza e saggezza. Sono ciò che di più speciale e irraggiungibile potesse mai capitarti nella vita e non illuderti che non lo sappia. Lo so.
Esattamente come so che tu sei zenzero e artiglio, vuoti e silenzi, confusione e schiavitù, buco di serratura e pelle d'oca. Sei caffé e incubi, dubbi negati e frutto acerbo.

Eppure, la voglia di abbracciarti è inversamente proporzionale alla distanza che separa i nostri due poli, quasi fossimo la scissione chimica di una stessa entità che non troverà pace fino a quando non si sarà mischiata di nuovo tra sè e sè.


Resta qui.