martedì 15 luglio 2014

Nel tempo e nello spazio...









Un due tre quattrcinq...seisett...o...t...t...Toh...

C'ho sempre un po' riflettuto su quante parole ci stanno nel tempo e nello spazio.

Di una canzone.

Perché nel tempo e nello spazio in generale ce ne starebbero talmente tante che non basterebbe l'eternità a riempirlo e allora penso che solo per il fatto di averla pronunciata, (l'eternità intendo), ecco, solo per questo deve esistere, come le parole stesse e prima d'esse le infinite combinazioni tra lettera con lettera, solo poi, parola con parola, frase con frase, discorso con discorso, a riempire ogni spazio dal dentro al fuori, in espansione come l'universo stesso che si stende a coprire l'infinito perché non prenda freddo, anche se il nostro cervello inscatolatostretto può mica comprendere fino in fondo, solo intuire, ma se lo intuisce, da qualche parte vuol dire che c'è, o c'è stato, o ci sarà perché noi non inventiamo niente: uniamo i puntini e vediamo che disegno ne vien fuori, scopriamo, o copiamo, che ad esser sinceri era la cosa che ci veniva meglio a scuola (parlo per me e forse per te, non per lui), ma pure dopo, tanto che gli abbiamo cambiato nome ed è diventato "prender spunto", "remake", "biomimetica" e anche un po' "te", che mi credevo di averti inventato e invece ci sei per davvero e ti ho copiato un pezzo qua e un pezzo là, legato stretto con lo spago dei ricordi e ricoperto di carta da lettere già scritta e musica già suonata, senza testo, perché il testo sei tu e lo so a memoria, dall'inizio alla fine dello spartito, obliquo, perché a suonar per dritto son buoni tutti quindi meglio in obliquo, che se ci pensi c'è più spazio, il tuo, e non fingo mai quando dico che nel tuo tempo e nel tuo spazio ci stavostarò comoda, tanto da potermi srotolare senza timore di sbattere contro lo spigolo della sveglia che sta per suonare e che mi desterà da un sogno che non riuscirò più a ricordare, a meno che tu un giorno non voglia tornare indietro per seminarlo sotto la terra in cui sto scavando a mani nude per ritrovare tracce di un sogno che ricordo di aver fatto senza sapere quando, ma ben sicura del perché e che vorrei mi germogliasse tra le dita, facendomi il solletico e svegliandomi di nuovo dal sogno in cui scavavo per cercare l'altro sogno in cui c'eri tu, che non ne vuoi proprio sapere di uscir fuori dal sogno del sogno che forse, a ben pensarci, non è nemmeno mio, e stai a vedere che salta fuori che è tuo e che te lo devo restituire, ma a questo punto ti dico che ok, va bene, te lo restituisco, un pezzo per volta, come un puzzle senza scatola così non saprai che i pezzi sono infiniti quanti gli anni che ci restano da vivere per scoprire che se non sai di dover morire vuoi vedere che non morirai affatto?






(E il resto è soltanto sigla, senza titoli di coda perché ciò che sembra un finale, magari è soltanto l'inizio di qualcos'altro...)




2 commenti:

  1. Risposte
    1. Gli incontri peggiori che ho fatto nella mia vita non son stati tanto con la morte, quanto con la rassegnazione di chi smette addirittura di farsi domande (ossia con una buona fetta di umanità oltre i 12 anni d'età)...

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