venerdì 6 giugno 2014

A te, che t'incontro per strada ogni due anni o giù di lì...

Scrissi già di te a suo tempo, perché m'è bastata quella prima volta per rimanere senza fiato davanti ai tuoi occhi colordellagosucuisononata e ieri ti ho rivisto. Saranno trascorsi due anni, forse tre. Più tre che due. Sia chiaro, ho un ottimo rapporto con il tempo perché lui passa e io me lo lascio scorrere addosso quasi fosse una carezza. Ma abbiamo fatto un patto: lui non lascia traccia e io fingo di non averlo visto passare. Perciò non tengo memoria della mole di tempo che mi è passato sopra, intorno e dentro.
Anche i tuoi occhi mi sono passati sopra, intorno e dentro, ma di loro ho memoria.
Come duetre anni fa, anche ieri eravate tu, i tuoi occhi, la tua chitarra e l'autobus. Ho sorriso un sacco perché ti avevo a un soffio e ho pensato che chissà quando mi sarebbe ricapitato, poi ho pensato di chiederti almeno il nome, ma non l'ho fatto e non so perchè. Sicuramente non per timidezza. Forse per precauzione.
Quando hai starnutito ho pensato di darti un fazzoletto, ma ce l'avevi già. Quando ti sei alzato per lasciare il posto a quella ragazza incinta ho pensato che lo sapevo già che saresti stato l'unico in tutto l'autobus a farlo e ti ho sorriso (di nuovo).
Poi mi son detta che, diamine, potevo lasciarti andar via di nuovo senza uno straccio di prova della tua esistenza? In questi duetre anni mi son chiesta se non ti avessi solo immaginato.
E allora ho preso il telefono e ti ho fotografato.